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Focus quartieri di edilizia pubblica – la Bolognina
Con la fondazione dello Iacp (Istituto Autonomo case Popolari) avvenuta nel 1906, il Comune di Bologna si dota di uno strumento socioeconomico (soggetto attuatore) per dare una risposta alla sempre più crescente necessità di alloggi per le classi sociali meno abbienti, esigenza che fino ad allora veniva soddisfatta attraverso l’attività edilizia esercitata da Enti di Assistenza e Società Cooperative sostenute dall’Amministrazione Pubblica.
La popolazione a cui erano destinate le nuove abitazioni era in prevalenza quella estromessa dal centro storico a seguito degli sventramenti resisi necessari per attuare il P.R.G. approvato a Bologna nel 1889.
Nel suo primo periodo di attività, fino alla guerra mondiale, lo Iacp costruì più di mille alloggi distribuiti in 50 fabbricati e i primi edifici realizzati sorgeranno alla Bolognina a partire dal 1908.
L’8 maggio del 1908 furono infatti consegnati i primi 234 alloggi costruiti dallo Iacp in un’area (a nord della ferrovia) denominata “Bolognina.”
L’appartamento tipo proposto dall’Istituto Autonomo Case Popolari era di circa 40 mq, composto da cucina, camera e un piccolo locale per i servizi igienici.
Dal 1908 al 1912 furono realizzati così fabbricati del tipo a corte, su ampi lotti la cui suddivisione era determinata dalla maglia stradale così come ridisegnata dal Prg. del 1889.
Oltreché alla Bolognina, Nel 1912, gli insediamenti edilizi realizzati dallo Iacp interesseranno anche il quartiere “Cirenaica”, ovvero quell’area ubicata fuori porta S. Vitale dietro la stazione della Ferrovia Veneta.
Gli alloggi popolari verranno qui realizzati secondo quattro tipologie differenti, a cui corrispondeva un canone d’affitto differente.
Già nel 1910, era stata messa a punto una tipologia di alloggi con locali più ampi ed un terrazzino esterno per ogni abitazione, alloggi più grandi di quelli realizzati nel 1908 (40mq. Circa) ma a costi d’affitto leggermente superiori.
Era infatti stata fatta la scelta di elevare la soglia del reddito massimo delle famiglie aventi diritto all’assegnazione di un alloggio pubblico (anche per evitare il rischio di morosità).
Lo Iacp aveva fatto uno studio che aveva portato alla realizzazione di una nuova tipologia di alloggi che furono però realizzati solo in piccola parte).
Questi alloggi si differenziano dalle precedenti tipologie in quanto erano costituiti da un’architettura esterna realizzata con una minore parsimonia di ornamentazione, ma che internamente avevano una disposizione planimetrica studiata in modo da ricavarne appartamenti più ampi e comodi.
Questo studio e queste nuove tipologie di alloggi vennero fatti con il proposito di impostare un certo numero di case idonee a quella categoria di famiglie, modeste, le quali non potevano essere considerate “operaie” nel vero senso della parola, ma neppure essere ascritte alla borghesia, erano alloggi per famiglie, che avevano redditi se non inferiori, appena uguali ai redditi delle famiglie operaie.
Dal 1908 al 1918 la popolazione aumentata da 169.000 a 200.000 abitanti, rese necessari nuovi interventi edilizi realizzati allo Iacp tra il 1919 e il 1927.
Nel 1926, sotto la direzione del podestà Arpinati, si edificheranno anche alloggi “con patto di futura vendita” che escluderanno però le classi più indigenti della città, le quali, nonostante la politica di anti-urbanesimo proclamata dal regime fascista, avevano lasciato il lavoro della terra negli anni della grande crisi agraria (1931- 1933).
Dopo la Seconda Guerra Mondiale gli alloggi di proprietà dello Iacp distrutti o gravemente danneggiati ammontavano a quasi il 90% del Patrimonio stesso.
La ricostruzione degli edifici lesionati dalla guerra procedeva di pari passo all’edificazione di alloggi da realizzare ex novo, che venivano eretti con analoghe soluzioni progettuali, contribuendo a modellare un paesaggio dai tratti uniformi.
Alcuni edifici in linea destinati all’affitto, saranno realizzati in un contesto ambientale già fortemente caratterizzato dall’edilizia postbellica dello IACP, si tratta degli edifici che erano presenti in via Libia, via Pier Crescenzi e via Matteotti, destinati per lo più a residenza e in alcuni casi anche ad attività commerciali ubicate a piano terra, sotto al portico.
L’aumento dei flussi migratori dal Polesine (per l’alluvione del 1951), dal ferrarese e dal Meridione, contribuirono anch’essi, in questi anni, a marcare profondamente l’identità del quartiere, soggetto dagli anni Ottanta a un profondo cambiamento conseguente alla dismissione o riconversione (si veda le Officine Minganti) di importanti attività produttive, al riassetto infrastrutturale dell’area e all’afflusso di nuovi residenti immigrati.
Ad oggi, gli edifici di edilizia residenziale pubblica realizzati dallo Iacp alla Bolognina sono quelli principalmente distribuiti nelle corti interne, e nelle vie Albani, Zampieri, Di Vincenzo, Fioravanti. De’ Carracci (nel tratto compreso tra via Fioravanti e via Matteotti), Tiarini, Zampieri, Tibaldi, Bolognese e Matteotti, quale prosecuzione periferica di via Indipendenza.