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Infermiere di famiglia, una cura nella relazione verso l’autocura
Chi è l’infermiere di famiglia/comunità (IF/C)?
Ce lo spiega Elisabetta Passini, Infermiera di Famiglia e Comunità presso la Casa della Comunità di Vergato nel Distretto Appennino Bolognese, raccontandoci il ruolo e l’impatto di questa figura professionale sul territorio.
L’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) ha il compito di individuare e affrontare precocemente i bisogni, anche inespressi, della popolazione di riferimento. Grazie alla conoscenza approfondita della rete di servizi sul territorio, facilita l’accesso tempestivo e appropriato agli interventi sanitari e sociali.
Agendo come collegamento tra le persone e il sistema sanitario, l’IFeC si dedica a migliorare il benessere di individui, famiglie e comunità. Il suo lavoro include attività di prevenzione e promozione della salute in tutte le fasi della vita, svolte direttamente nei contesti familiari e comunitari. Si distingue per un approccio proattivo: non si limita a rispondere a richieste già espresse, ma si attiva autonomamente per intercettare le necessità dei propri assistiti, che conosce a fondo.
Come nasce la nuova figura di Infermiere di Comunità? A quali esigenze risponde?
La figura dell’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) nasce per rispondere all’aumento dell’età media della popolazione e alla crescita delle patologie croniche, che comportano un utilizzo maggiore dei servizi sanitari e sociali. Questo scenario richiede una distribuzione più efficiente delle risorse economiche e l’adozione di modelli di assistenza orientati a una presa in carico integrata e globale della persona. L’obiettivo è migliorare la continuità delle cure e rafforzare l’integrazione tra i servizi sanitari e sociali.
All’interno dell’AUSL Bologna, i primi 20 Infermieri di Famiglia e Comunità sono stati selezionati attraverso un bando aziendale, che ha consentito loro di accedere a un percorso formativo specifico per ricoprire questo ruolo strategico. Questa formazione ha preparato gli infermieri a gestire in modo efficace le esigenze complesse delle comunità, favorendo un’assistenza più personalizzata e coordinata.
Come si individuano i bisogni e si accede al servizio?
I bisogni possono essere individuati dalla persona stessa, da un familiare o dalla rete socio-sanitaria. Con il consenso dell’interessato, questi possono essere segnalati all’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC). Spesso i bisogni emergono in situazioni di fragilità o complessità, che trovano risposta nei servizi socio-sanitari o del terzo settore.
L’IFeC è orientato alla gestione preventiva dei bisogni di salute nel territorio di riferimento, integrando aspetti sanitari e sociali. Tiene conto dei determinanti della salute, come stili di vita, condizioni sociali ed economiche, accesso ai servizi, e lavora per rimuovere ostacoli che limitano il benessere.
Caratteristiche fondamentali del ruolo includono prossimità, proattività e multiprofessionalità, il tutto accompagnato da un approccio empatico e preventivo. L’IFeC si pone come garante dell’equità delle cure e promuove l’empowerment delle persone, delle famiglie e delle comunità per migliorare la loro capacità di affrontare i problemi di salute.
COME SI ATTIVA
Il Servizio può essere attivato direttamente dal cittadino, dal Medico di Medicina Generale, dal Pediatra di Libera Scelta, dai reparti ospedalieri, dall’Ospedale di Comunità, dall’assistenza domiciliare, dalle associazioni di volontariato o dei malati, dalle centrali di continuità assistenziale, dalle farmacie e dal vicinato.
A CHI SI RIVOLGE
Il servizio è gratuito ed è rivolto a tutta la popolazione residente di ogni fascia di età, è gratuito e svolge il suo ruolo assistenziale in particolare nell’ambito dei nuclei famigliari, sia al domicilio del paziente sia in ambulatorio, nelle strutture intermedie o di lungodegenza in cui viene ricoverato e nella comunità.
Che strumenti si utilizzano per aprire un dialogo con il paziente?
Per instaurare un dialogo efficace, l’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) utilizza:
- Ascolto attivo per comprendere bisogni e preoccupazioni.
- Colloquio motivazionale, adattando il linguaggio per favorire la comprensione.
- Tecniche come la ripetizione, il riassunto o la verifica della comprensione da parte del paziente.
Durante il colloquio iniziale, si raccoglie il consenso informato per i trattamenti sanitari e si procede con un’accurata valutazione infermieristica.
Strumenti aggiuntivi includono:
- Scale di valutazione infermieristiche, che rendono i dati chiari e condivisibili tra professionisti.
- Ricognizione farmaci per monitorare e gestire terapie.
- Materiale informativo, come brochure, interventi educativi e formativi, per promuovere l’empowerment del paziente.
Che tipo di rapporto si instaura con i pazienti rispetto al tradizionale servizio di assistenza?
Con l’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC), il rapporto con i pazienti si basa sulla fiducia reciproca, che si sviluppa progressivamente. È fondamentale non essere troppo interventisti all’inizio, ma ascoltare e rispettare le preferenze della persona, accettando anche se non è interessata alla cura proposta, che sia sanitaria o sociale. L’etica e il rispetto delle decisioni individuali sono principi centrali.
A differenza dei tradizionali servizi di assistenza, l’IFeC si concentra sul dialogo e sulla comunicazione efficace per evitare resistenze, comprendendo e rispettando le preoccupazioni del paziente. Quando il paziente si rivolge al servizio per un trattamento, la sua motivazione è chiara, ma se accetta un colloquio per esplorare insieme soluzioni per la sua salute e il suo benessere, si lavorerà su aspetti che lo interessano, rispettando anche ciò che non lo riguarda.
Il lavoro dell’IFeC non si limita alla cura fisica, ma include un forte impegno nell’educazione sanitaria, con l’obiettivo di potenziare le autonomie dei cittadini, dei familiari e dei caregiver, supportandoli affinché possano affrontare autonomamente i propri problemi di salute.
Con quali altre istituzioni e servizi si confronta e collabora nel proprio lavoro?
L’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) collabora attivamente con tutti i professionisti ed i servizi dell’AUSL Bologna , con le assistenti sociali del territorio, con le associazioni.
Cosa cambia nella vita di una famiglia assistita da IFeC?
Per le famiglie assistite dall’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC), la principale differenza è nella facilitazione dell’accesso ai servizi sanitari e sociali. Le persone che prima faticavano a comprendere i benefici dei servizi ora possono accedervi con dignità e equità, sentendosi ascoltate e supportate da un professionista che li aiuta a migliorare la loro Health literacy (alfabetizzazione sanitaria). L’IFeC lavora insieme alla famiglia per identificare le difficoltà e trovare soluzioni pratiche e condivise per affrontarle.
Quali criticità si sono evidenziate e quali invece i vantaggi di questo tipo di presenza?
Essendo un servizio ancora giovane, l’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) ha affrontato alcune difficoltà iniziali, come il riconoscimento e la comprensione della nuova figura da parte della comunità e degli altri professionisti. Tuttavia, queste difficoltà sono viste come opportunità per migliorare e ampliare le progettualità future. Un altro aspetto critico riguarda l’aumento delle richieste socio-sanitarie, che impone una maggiore implementazione della figura e la necessità di un supporto psicologico per gestire il carico emotivo derivante dall’assistenza.
Nonostante le sfide iniziali, l’IFeC ha portato significativi vantaggi, come un aumento dell’accesso ai servizi, soprattutto per quelle persone che avevano resistenze ad accedere al sistema sanitario. Inoltre, ha favorito l’emersione dei bisogni nascosti e ha incentivato una maggiore partecipazione nella cura della persona, non solo da parte del paziente, ma anche della famiglia e della comunità. Grazie alla sua presenza, le persone si sentono più supportate e riescono a comprendere meglio come affrontare le loro difficoltà sanitarie e sociali.
Vorrei concludere con una frase di Adalberto Barreto che sicuramente ho nel cuore e che guida il mio agire: “La comunità scopre che se ha dei problemi, ha anche delle soluzioni. E, poco a poco, prende coscienza che il superamento dei problemi non è l’opera particolare di un solo individuo, di un terapeuta o di un illuminato, ma della collettività“.
Grazie a Elisabetta Passini per il tempo che ci ha dedicato per illustrarci la sua professione in continua evoluzione e di importanza primaria nell’attuale panorama del servizio sanitario.