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Urbanistica Femminile: una città per tutti e per tutte
In un angolo verde a ridosso dei condomini Acer di via Eugenio Curiel angolo via Giovanni Paolo Martini una piccola installazione intitolata Lo Spazio Pubblico con e per Lei reclama attenzione:
“Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano”
“Coinvolgere le ragazze nello sviluppo urbano renderà la città migliore per tutti e tutte.” (Her City UN-Habitat)
“In Italia più di 11 milioni di donne non esce di sera per paura” (Azzurra Muzzonigro e Florencia Andreola)
“È ora di cambiare prospettiva. È ora che le donne diventino visibili” (Caroline – Criado Perez)
Parlano con slogan femministi i cartelli dell’associazione City Space Architecture che si prende cura di questa piccola area verde pubblica in città con numerose attività all’insegna della creatività artistica e dell’immaginazione civica.
Cartelli che ci raccontano una Urbanistica attenta alle questioni di genere in particolare alle esigenze delle donne, per creare città più inclusive e sicure e dare vita ad una uguaglianza di genere attraverso scelte di design urbano.
La pianificazione urbana è stata a lungo dominata da una prospettiva maschile, apparentemente neutra, che ha spesso trascurato le esigenze specifiche di donne, bambini, persone anziane e disabili. Ma negli ultimi anni si sta investendo in una urbanistica di genere e trasversale che invece tiene conto dei diversi bisogni ed esperienze delle persone nell’uso dello spazio pubblico. Un nuovo metodo di pianificazione urbana che include considerazioni su sicurezza, accessibilità e funzionalità per tutti e tutte, riconoscendo che persone diverse possono avere modi differenti di vivere e muoversi in città, soprattutto se appartenenti a categorie sottorappresentate o marginalizzate.
Un processo che nasce dalla necessità che l’antropologa Jane Jacobs, che si è battuta contro i grandi interessi speculativi nelle città americane, identifica con “tenere i cosiddetti ‘occhi sulla strada’, secondo cui a garantire la sicurezza di un luogo è la presenza e il presidio della comunità stessa che mette anche in atto pratiche di mutuo aiuto”.
Ridisegnare le città in una prospettiva di genere significa “concepire lo spazio urbano in modo flessibile, con la capacità di rispondere ai bisogni, ai desideri e alle rappresentazioni socio-spaziali della diversità dei soggetti, incorporando i diversi modi di vivere e di rendere effettivo il diritto alla città” (Tello, 2009: 288). Ciò riguarda non solo le donne, ma anche coloro di cui esse si prendono cura: bambine/i, ragazze/i, disabili, anziani.
Alla luce di queste prospettive il Comune di Bologna ha lanciato un progetto nominato “Verso un atlante di genere. Prospettive femministe per costruire città sicure”, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con la Città metropolitana e le associazioni Sex and the City, Period Think Tank, Casa delle Donne per non subire violenza e SOS donna. Lo scopo è migliorare la capacità del territorio di individuare e sostenere i segmenti della popolazione femminile a rischio di emarginazione sociale e quindi più esposti a diverse forme di violenza e discriminazione. Inoltre, mira a consolidare il processo di costruzione di spazi pubblici davvero sicuri e plurali, che tengano conto delle esigenze delle diverse persone che li attraversano.
Il progetto promuove l’idea di informare e orientare le politiche della città anche attraverso la realizzazione di una mappatura di genere dei luoghi fisici e virtuali che le persone abitano, tenendo insieme tutte le differenze di genere, età, origine e provenienza. Mappe che mettono in luce un tessuto ricchissimo di organizzazioni, movimenti e gruppi informali dedicati alle donne e alle altre identità di genere, valorizzandone le competenze, l’attivismo e la capacità di innovazione a livello territoriale. Questo progetto è uno dei tasselli che porterà alla trasformazione degli strumenti di analisi e previsione del Comune abbandonando definitivamente un modello “neutro” che non tiene conto delle differenze, infatti le persone sono sempre portatrici di molteplici identità che in questo processo possono esprimersi in spazi da vivere.
Le mappe di genere sono nuovi strumenti per informare e orientare le politiche della città, grazie ad una narrazione dei dati e delle informazioni in forma visiva, consentono l’utilizzo del patrimonio informativo del Comune per individuare carenze, criticità, opportunità nelle varie zone della città e, quindi, per guidare in modo efficace la programmazione e la progettazione di infrastrutture e servizi accessibili a tutte a tutti. La mappa di genere è uno “strumento digitale che può orientare le politiche cittadine, analizzando i punti di forza della città e mostrando le eventuali mancanze”.
All’estero sono molte le città che mettono in pratica questi metodi da cui possiamo apprendere, come Vienna, che da più di trent’anni fa gender mainstreaming. (Il termine gender mainstreaming comprende tutte le strategie messe in campo per raggiungere l’uguaglianza di genere nella società sulla base di strutture, contesti e condizioni paritari sia per le donne che per gli uomini.)
La capitale austriaca è stata infatti pioniera nell’urbanistica di genere fin dagli anni Novanta, integrando questo approccio nella pianificazione urbana. Un esempio è il quartiere di Mariahilf, dove sono stati creati percorsi pedonali più sicuri, spazi pubblici accessibili ed è stata migliorata l’illuminazione. Inoltre i parchi pubblici e le aree ricreative sono stati co-progettati attraverso processi partecipativi per capire i bisogni della comunità che attraversa quegli spazi tenendo conto delle esigenze di tutti i generi e le fasce di età.
Un altro esempio è quello di Barcellona che negli ultimi anni ha messo in atto un grande ripensamento dello spazio cittadino secondo i principi dell’urbanistica tattica che prevede più pedonalizzazioni e spazi verdi, e altri progetti non escludenti. La città catalana ha da tempo adottato una prospettiva di genere nella sua pianificazione urbana anche attraverso il progetto “Superilles” (o superisolati). Si tratta di blocchi di strade chiusi al traffico automobilistico e trasformati in spazi pedonali e ciclabili, che migliorano la sicurezza e la qualità della vita per tutta la cittadinanza, con attenzione particolare a donne, bambini e persone anziane o disabili.
In Italia Milano è stata la prima a realizzare un Atlante di genere, il “Milan Gender Atlas”, una guida ai luoghi che accolgono non solo le donne ma anche minoranze con diversi profili, una raccolta di dati che descrive il modo in cui questi vivono la città di Milano ed è uno strumento per progettare lo spazio in modo più inclusivo. Esiste inoltre una rete europea di città che lavorano su questo approccio, la Gender Equal Cities.
L’urbanistica di genere può farci fare dunque un passo fondamentale verso città più giuste e vivibili. Con un approccio consapevole e inclusivo, possiamo costruire spazi urbani che rispondano alle esigenze di tutta la cittadinanza, promuovendo l’uguaglianza e il benessere collettivo. Pratiche che possono rendere gli spazi urbani più sostenibili sia dal punto di vista sociale che ambientale.
Estratti dalle seguenti fonti:
www.bolognamissioneclima.it/chiara/costruire-citta-per-tutte-e-tutti-lurbanistica-di-genere/
www.comune.bologna.it/notizie/mappe-genere
www.casadonnemilano.it/urbanistica-e-genere-intervista-ad-azzurra-muzzonigro/
www.bolognamissioneclima.it/chiara/costruire-citta-per-tutte-e-tutti-lurbanistica-di-genere/
Bibliografia suggerita:
La città femminista – La lotta per lo spazio in un mondo disegnato da uomini della geografa canadese Leslie Kern (Treccani, 2021).